Quando al potere vanno gli “psicopatici di successo”. Che cosa può insegnarci la tragedia di Srebrenica
Sono passati vent’anni dal genocidio di Srebrenica. Un crimine di guerra avvenuto poco lontano da noi, dall'altra parte dell'Adriatico, quando pensavamo che l'Europa fosse stata ormai vaccinata dalle guerre e dai brutali stermini etnici. Una vicenda che ci ricorda come le tragedie possano ripetersi, come gli autori, che oggi consideriamo dei criminali, siano arrivati al potere alla guida dei loro partiti xenofobi con il consenso di una porzione della popolazione e, magari, con il silenzio di troppi - anche a livello internazionale - che si girarono dall'altra parte. All’ipocrisia del “mai più”, ripetuto anche in questi giorni, va sostituita una vigilanza continua, una lettura attenta di ciò che ci succede intorno, per evitare che certi drammi si ripetano.
Uno dei protagonisti di quella vicenda, assieme al braccio armato Ratko Mladic, è stato Radovan Karadzic, presidente criminale della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, figura esemplare di psicopatico, ben descritta sul piano generale in un interessantissimo saggio, La morte del prossimo, di Luigi Zoja (Einaudi), che ho letto nell'ultimo weekend.
Lo suggerisco agli amici, poiché parla del prossimo: figura antica, ma quanto mai attuale, novità introdotta dal Cristianesimo, che ha trasformato in “prossimo” anche l’abitante più lontano della terra. Su questo generoso e profondo concetto si fondano idee moderne come i diritti universali dell’uomo.
Il volumetto affronta temi quali: prossimità e istinto, l’alienazione, la parola, i migranti, i capri espiatori, i muri, e altri temi con cui ogni giorno facciamo i conti, sia sul piano culturale sia su quello politico.
Per stimolare la lettura e la riflessione culturale e politica su fatti che agitano anche la nostra Europa, voglio riportare alcuni stralci di un capitoletto sulle “psicopatie di successo” (quella, appunto, di Karadzic), che ho trovato particolarmente interessanti e che riguardano l’irrompere ai vertici delle strutture aziendali e pubbliche di figure nuove.
Scrive Zoja:
“(…) Negli scandali di fine secolo XX e inizio secolo XXI, non si sono trovate moralità occasionali di persone che hanno sbagliato, e possono pentirsi, ma perversioni morali permanenti che, se non fossero state scoperte, sarebbero continuate perché non lasciavano sensi di colpa: è la condizione chiamata psicopatia, considerata difficile da redimere.
(…) i disturbi psicopatici si identificano:
I° mancanza di scrupoli, di responsabilità, di sensi di colpa, tendenza alla menzogna e alla manipolazione, cinismo e così via.
II° instabilità, comportamenti apertamente devianti, aggressività non controllata (…)”.
Ricercatori dell’Università del Surrey, hanno comparato un gruppo di 39 manager di successo con criminali e pazienti psichiatrici gravi. La loro classificazione finale ha suddiviso la popolazione esaminata in “psicopatici di successo” e “psicopatici senza successo”.
Quello che differenzia le due categorie è l’aggressività: quelli di successo non aggrediscono fisicamente, sottomettono l’ex prossimo a un cinismo aziendale.
Insomma un’utilissima riflessione su alcuni mali e patologie del nostro tempo, utile per capirli, nonché per combatterli.
Ivo Rossi
Padova 13 luglio 2015