Caritas: il bastone e la carota del potere, che divide e riduce il dialogo a monologo

bastone carotaLa vicenda del contributo di 14mila euro revocato alla Caritas, una goccia nel mare dei contributi erogati a destra e a manca da questa amministrazione, suggerisce alcune riflessioni che non possono essere semplicisticamente ridotte alla denuncia del taglio dei contributi ai poveri. Troppo facile e insensato pensare che il sindaco abbia scatenato una guerra così sciocca nei confronti della diocesi e del buon senso. E’ ben vero che di prove muscolari e di conflitti con le diverse istituzioni è piena la cronaca del suo mandato, e che i rapporti sono improntati al conflitto anziché al dialogo, ma in questo caso probabilmente siamo in presenza di qualcosa di più sofisticato. L’obiettivo sembra essere, da una parte parlare ai cittadini di via Duprè e dintorni, comunicando loro che non finanzia più quel polo di attrazione per gli ‘ultimi’ - italiani o stranieri che siano - che considera fonte di degrado e, contemporaneamente, dicendo alla Caritas che in seguito erogherà nuove somme a consuntivo, afferma che non tutti i servizi saranno pagati, ma solo quelli contrattati con lui, che possiamo immaginare riguarderanno solo bisognosi italiani, possibilmente residenti.


In sostanza, entrando a gamba tesa nell’universo Caritas, manifesta l'intenzione di "pilotarla" e di snaturarne lo spirito misericordioso, ne commissaria la gestione, magari anche con l’obiettivo di isolare qualche sacerdote da lui considerato scomodo. Conoscendo il suo stile, possiamo immaginare punti a insinuarsi in un mondo che ha fatto degli ultimi un riferimento irrinunciabile, non disdegnando di dividere i sacerdoti scomodi dediti alla carità da una chiesa comunque necessariamente disposta al dialogo, con l’obiettivo politico/partitico di crearsi un proprio canale e un’area di consenso a cui, ovviamente, dimostrare quella disponibilità negata ad altri.
E’ una tecnica di uso distorto delle risorse pubbliche, finalizzata a costruire un consenso personal-padronale, addomesticato dalla carota del denaro, che abbiamo già visto applicata al mondo sportivo, dove ad un apparentemente insensato uso del bastone - rappresentato dall’aumento dei canoni di concessione di tutti gli impianti sportivi comunali, che avrebbe ovviamente inciso negativamente sul consenso - ha fatto seguito un aumento dei contributi alle sole società sportive disponibili a dichiararsi, e a dimostrarsi con i fatti, debitrici e dunque amiche della parte politica erogatrice. E per tutte le società estranee alla politica, il regalo del bastone degli aumenti.
Questi due episodi ci dicono che il nostro, mira a dividere i mondi, obbligandoli sempre a schierarsi, anche quelli che, come la Caritas e le società sportive, per definizione si collocano fuori dalle dinamiche partitiche.
Siamo dunque in presenza di un uso spregiudicato del potere (‘o stai con me e ti premio, o se decidi di essere neutrale, e dunque potenzialmente contro di me, sei fuori, messo ai margini’). Le parole come confronto, autonomia, pluralità, libertà delle articolazioni sociali in questa accezione perdono di significato. Il mondo viene diviso in due: chi sta con il capo padrone, dunque destinato alle gratificazioni, e chi vuole conservare la propria libertà, dunque disponibile a pagare un prezzo.
E’ una tecnica, come mi riferiscono molti operatori del mondo associativo e dell’impresa con cui il nostro entra in relazione, che viene applicata con sistematicità, arrivando anche a suggerire azioni o comportamenti da mettere in atto per danneggiare quelli che lui ritiene essere suoi nemici. E per chi non lo capisce o non si adegua, si intuisce potrebbe far scattare il bastone che allontana e rende difficoltosa la conclusione delle pratiche amministrative (ci sarà sempre un altro nuovo problema da superare). L’esperienza vissuta dal mio portavoce del periodo in cui ho fatto il sindaco reggente, il quale si è visto sbarrare la strada ad un contratto professionale, a seguito dell’intervento del sindaco e del suo staff nei confronti dell’organizzazione datoriale, è solo un piccolissimo esempio di una ormai lunga serie. Della serie: se sei in odor di eresia puoi anche morire di fame.
Basterebbe anche leggere sul suo profilo twitter le minacce rivolte nei confronti della stampa che racconta ciò che accade per rendersi conto del livello di imbarbarimento raggiunto, livello che nessuno di noi immaginava possibile.
E’ la stessa tecnica che ritroviamo anche nel rapporto con i partiti della sua coalizione. Emblematiche le modalità con cui ha liquidato Forza Italia, prima riducendo le deleghe ad alcuni assessori, poi salvando dall’allontanamento solo coloro che hanno abbassato la testa, obbligati come dimostrazione di fedeltà a sconfessare i riottosi, che a quel punto, una volta divisi potevano essere tranquillamente cacciati.
Bisogna dunque riconoscere al nostro una sistematicità e una lucidità in questo suo modo di concepire l’uso, e probabilmente qualcosa di più, del potere e dei soldi pubblici, sconosciute nella lunga storia delle istituzioni democratiche padovane, almeno quelle successive al fascismo. Un tratto che non può essere liquidato con superficialità limitandosi alle singole manifestazioni della patologia.
La dimensione con cui il fenomeno si manifesta, se non vogliamo che il metodo ritorsivo attecchisca e corrompa il nostro tessuto civile, richiede uno sforzo di elaborazione e una orgogliosa ripresa dell’iniziativa da parte di tutte le forze vive a sane della nostra società civile, quelle consapevoli che solo un tessuto libero, aperto al dialogo e al confronto (come afferma il rettore della nostra Università) può consentirci di affrontare le sfide della competizione, e dunque del benessere, a cui le nostre città sono chiamate.

Ivo Rossi

Padova 26 agosto 2016

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