Pediatria e quel volume abnorme sulle mura cinquecentesche
di Ivo Rossi
Senza sentire il dovere civile di spiegare e motivare quali impedimenti vi sarebbero alla realizzazione della pediatria nell’area del nuovo ospedale - anziché sulle mura cinquecentesche - si confida, più che sulla convinzione, sullo sfinimento e la rassegnazione dei cittadini.
Se credessimo agli spiriti, la vicenda della nuova pediatria potrebbe apparire come segnata da una sorta di maledizione. Ogni volta che qualcuno prova a metterle radici nel vallo delle mura cinquecentesche, ogni volta quelle stesse mura, nate per la difesa della città dai nemici, sembrano respingerla. Era già successo ai primi degli anni Duemila e si sta ripetendo nuovamente in questi mesi.
Per questo bene ha fatto la rivista Galileo, sempre attenta alle grandi questioni urbanistiche della città, a promuovere un dibattito attorno al tema sollevato dall’appello di molti studiosi (1), a partire da Vittorio Spigai, Enzo Siviero, Elio Armano e sottoscritto anche da Massimo Cacciari.
Si tratta di una vicenda, che almeno per l’ultima fase, si inserisce a pieno titolo dentro le convulsioni che a partire dal 2014 hanno riguardato il nuovo ospedale, quando amministrazioni nate proponendo la ristrutturazione del vecchio complesso ospedaliero, si sono trovate a fare i conti con una realtà diversa. E come chi prova a cambiare la realtà perché non gli piace, così l’indicazione del nuovo nosocomio è stato immotivatamente privato della pediatria, probabilmente per far convivere capra e cavoli della realtà immaginaria. Diversamente non si potrebbe spiegare la ragione per cui, a fronte della decisione di collocare nella zona est della città il nuovo ospedale, questo non comprenda anche tutte le articolazioni del dipartimento materno infantile.
Ed eccoci dunque ancora a cincischiare attorno a quelle martoriate mura, in nome della stessa necessità e urgenza che aveva portato verso la fine del secolo scorso a immaginare nella stessa area un analogo edificio pediatrico.
Siamo a metà anni ’90 quando, sotto la prima condivisibile ondata emotiva per l’insopportabile condizione dei bambini ricoverati in Onco-ematologia pediatrica, viene edificato un padiglione “provvisorio” nel vallo delle mura cinquecentesche, con l’impegno di realizzare in tempi ragionevoli una struttura definitiva.
A seguire, viene successivamente suggerita la realizzazione di un grande edificio in corrispondenza di quello in discussione in questi mesi. Proposta rapidamente naufragata a fronte degli inoppugnabili argomenti legati alla tutela dei Beni Culturali. Per rendere più accattivante il progetto viene coinvolto l’architetto Botta che propone una soluzione a torre, definita la “barchetta”. Anche questa, nonostante le tante pressioni, l’immancabile urgenza e il progetto regalato da una riconosciuta archistar, viene cassata verso il 2003. Proprio in quel periodo, comincia a farsi largo, anche ad opera di chi scrive, l’idea di far diventare la pediatria il primo tassello di un nuovo polo ospedaliero dedicato alla ricerca e alla scuola di medicina, proposta che nel 2013 sembra essere coronata da successo grazie all’accordo di programma sottoscritto da Regione, Comune, Provincia e Università.
Ma il nuovo ospedale dal 2014 diventa un campo di battaglia dove tutto comincia a girare vorticosamente e la pediatria, inizialmente scomparsa dai radar, riappare in una prima versione come trasferibile al Sant’Antonio, per finire nuovamente, come nel gioco dell’oca, di nuovo a insidiare le mura e i suoi difensori. A farne le spese è il povero soprintendente, prontamente rimosso per aver osato far presente i vincoli di legge e il dovere di rispettarli.
E siamo ritornati lì, con un edificio dai volumi completamente fuori scala, presentato - come ci ha mostrato l’architetto Spigai - con rendering edulcorati, probabilmente perché ci si rende conto dello scempio. Meritorio per questo è il lavoro fatto da alcuni illustri professionisti che rendono ancora più assordante il silenzio di chi ripete, senza crederci, che Padova ha bisogno di un Parco delle mura.
E oggi come allora, stonano i richiami al buon senso, agitati da chi improvvisamente riscopre la penosa condizione di cura dei bambini e, come vent’anni prima, in nome dell’urgenza etica, invoca di andare avanti. Ad ogni costo. E le preziose mura cittadine restano monumento da recuperare e destinare a parco fintantoché, come negli anni Cinquanta del Novecento, non vi è “necessità” di violarle,
Anche questa volta, senza mai spiegare e motivare quali impedimenti vi sarebbero alla realizzazione della pediatria all’interno dell’area del nuovo ospedale, si punta, più che alla convinzione allo sfinimento e alla rassegnazione, anche se le democrazie forti non hanno mai paura ad argomentare e solo le deboli fanno finta di nulla.
Forse saranno battaglie perse, ma non può venir meno, a fronte di vent’anni buttati al vento e dello scempio destinato ai posteri, il dovere di una battaglia civile nel nome di quei valori solennemente ripetuti e allegramente calpestati.
12 aprile 2021
(1)
Al Ministro della Cultura
on. Dario Franceschini
Egregio signor Ministro,
abbiamo motivo di ritenere che Lei sia stato male informato riguardo all’inaudito intervento del
macroscopico blocco edilizio per la Nuova pediatria di Padova, il cui progetto esecutivo - in corso di
validazione benché privo di valutazione paesaggistico-ambientale - entro un mese andrà in appalto.
Il blocco, d’impatto visivo devastante, dovrebbe sorgere all’interno del centro storico, a pochi metri
dalla cinta muraria del ‘500 e del baluardo Cornaro del Sanmicheli: avrà un fronte di oltre 90 m., una
profondità di 25 m. e un’altezza di 40m. (equivalente a 13 piani residenziali); in rapporto visivo diretto con
le cupole del Santo, distruggerà l’immagine di tutto il settore est del centro antico.
Lei, signor Ministro - con gli strumenti di Legge disponibili - è il solo che può intervenire.
Se non si fermerà l’appalto, lo scandalo che inevitabilmente nascerà per lo sfregio del nuovo edificio
macchierà in modo indelebile, a livello internazionale, l’immagine della città di Padova - alla sua seconda
candidatura UNESCO - ma anche quella dell’illustre tradizione italiana nella tutela dei centri storici e del
patrimonio paesaggistico.
Il progetto può essere immediatamente trasferito nel vasto comprensorio - già urbanizzato - del
Nuovo Polo ospedaliero a Est della città, senza oneri maggiori né perdite di tempo. Vi si oppongono,
evidentemente, legittimi interessi d’uso e di rendita.
Certi di un Suo tempestivo intervento, Le alleghiamo immagini aggiornate* con le dimensioni
volumetriche realistiche dell’edificio recentemente approvato.
firmato:
Alessandro Angrilli, Elio Armano, Marzia Banci, Lorenzo Cabrelle, Massimo Cacciari, Donatella Calabi, Luisa Calimani, Giovanni Carbonara, Umberto Curi, Alessandra Ferrighi, Alberto Ferlenga, Renzo Fontana, Patrizio Giulini, Roberto Gori, Giovanna Osti, Albert Levy, Adriano Menin, Adriano Verdi, Alberto Sabbadin, Vittorio Spigai, Enzo Siviero, Umberto Caravello, Veronica Bertollo, Daniela Sartorato, Eleni Katelouzou, Fabio Bordignon, Fabio Fusar, Gianpaolo Barbariol, Isabella Magello Lorenzo Ranzato, Marco Bonfio, Maurizio Marzola, Nicola Lovisatti, Patrizia Dal Zotto, Fiorenzo Catera, Ranieri Zandarin, Gilberto Fregolent, Annalisa Possamai, Nadia Semenzato, Licia De Angelis, Barbara Oreda, Gianluca Solla, Arturo Calvanese, Vania Soldan, Gabriella Santarossa, Sandro Covis, Clelia Mungiguerra, gabriella Bortolami, Chiara Giuliani, Elvia Zanetti, Maria Ferrari, Susanna Furlan, Rosa Bernardi.
Italia Nostra – Sezione di Padova
Padova, 12 marzo 2021