Certificato dal Direttore Generale dell’Azienda ospedaliera di Padova, che la revoca dell’Accordo di Programma del 2 luglio 2013 è avvenuta sulla base di un presupposto falso.
La dichiarazione resa dal direttore generale dell’Azienda Sanitaria dott. Luciano Flor durante l’incontro del Comitato di Coordinamento per la realizzazione del nuovo Polo della salute di Padova del 6 novembre 2017, certifica in modo inequivocabile che la revoca dell’Accordo di Programma per il nuovo ospedale a Padova ovest è stato indotto da un relazione certificante un falso reso in ambito pubblico. La palude di Padova ovest, l’acquitrino immaginario raccontato dall’amministrazione Bitonci, su cui sono state scritte pagine e pagine sui giornali locali, usato con arrogante protervia come argomento fondante per la revoca dell’accordo del 2 luglio 2013, non è mai esistita, ma è stata usata da uomini delle istituzioni per annullare decisioni già assunte e per produrne altre, alterando la verità dei fatti.
Le parole del dott. Flor, riportate a pag. 25 del verbale della seduta del 6 novembre, non lasciano spazi ad interpretazioni : “Questa è l’area di Padova ovest. Sintetizzo ancora i punti avanti che la caratterizzano: è un’area unica con metratura sufficiente, non un disponibile, proprietà privata da espropriare, tempi e costi elevati, problematiche idrauliche non ce ne sono, non c’è necessità di demolizione e bonifiche, è distante dal contesto urbano, per lo meno quello collegato con l’attuale attività sanitaria, non c’è necessità di modifiche urbanistiche,non presenta rischi ambientali, idonea a Vas e Vinca, non accessibile, c’è un importante il lavoro per rendere l’accessibilità su Padova ovest peraltro già oggetto di uno studio, investimenti importanti per renderla accessibile, tram previsto nel progetto, stazione sulla via di superficie non prevista.”.
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Don Dino Breggion, il cappellano che nei primi anni ’60 ha cominciato la sua vita sacerdotale a Salboro, ci ha lasciato. Rendergli un compiuto omaggio per ringraziarlo del lungo impegno pastorale e umano è per me difficile, perché il nostro rapporto, iniziato negli anni sessanta, ha vissuto per lunghi anni solo nel ricordo. Solo verso la fine degli anni ’90 ci siamo reincontrati in quel di Santa Margherita d’Adige, ed è stato come se due persone che non si vedevano ormai da decenni, avessero conservato un invisibile filo che le univa e consentiva loro di parlare come si fossero lasciate solo qualche giorno prima.
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