Bussole e agende per la città e l'Università
I diari di bordo del direttore del Mattino, giorno dopo giorno, stanno assumendo sempre più l’aspetto di una bussola per una possibile agenda della città futura. Nel suo interrogarsi su come saranno le nostre città e le nostre Università, dopo la scoperta della didattica a distanza e sull’eventuale estensione di questa modalità anche nel futuro, anticipa questioni che investiranno una molteplicità di aspetti: dalla trasmissione del sapere, agli effetti sulla vita sociale e sull’economia, a quelli sulle politiche urbane e immobiliari e alla stessa trama organizzativa delle politiche urbane. Si tratta di un richiamo alla politica a guardare oltre lo scoglio dell’emergenza - politica oggi obbligata a confrontarsi con problemi, talvolta drammatici, di categorie costrette a fare i conti con linee guida e plateatici - per rendersi interprete della città futura e governarne il percorso.
Il tema delle lezioni online, qualora dovessero passare da modalità temporanea ed eccezionale a modalità ordinaria, impattano sulla trasmissione del sapere e sul rapporto fra docente e allievo, e sulla stessa nozione di comunità scientifica e studentesca. Cambierebbe la stessa natura dell’Università, intesa come comunità di saperi che forma saperi. La modalità on line, qualora fosse assunta in modo prevalente, rischia di trasformare le università in tante CEPU, con lezioni registrate senza rapporto con il tempo e con lo spazio. Si renderebbe indifferente il valore prezioso del rapporto umano, che aprirebbe la strada alla nascita di nuove università, scivolando verso un grande liceificio.
Ma non sono solo gli aspetti che riguardano la cultura e i saperi ad essere toccati.Per Padova in particolare, che da secoli vive in simbiosi con la sua Università, ma anche per Venezia, si aprirebbero scenari rilevanti per la molteplicità delle attività che ruotano attorno a questo mondo straordinario. Basti pensare agli effetti sull’economia delle residenze studentesche e al sistema della ristorazione e dei pubblici esercizi, che rischierebbe di far sembrare banali i problemi di oggi. Sarebbero le città a perdere in vivacità e creatività. Non è dunque un problema che riguarda solo la comunità accademica. Si tratta di questione in cui è la città tutta a essere chiamata in causa.
Il direttore, sia pur di passaggio, rimanda anche alla diffusione futura dello smart working, quel lavoro a distanza “scoperto” come realtà possibile, che sempre di più trasformerà, con l’organizzazione del lavoro, anche le nostre case in uffici, liberando spazi nella città cresciuta sulla distinzione fra aree della residenza e luoghi delle funzioni produttive. E le ripercussioni sul sistema dei servizi alla persona, in questo caso certe, hanno bisogno di un pensiero e di uno sguardo che non si limitino all’oggi, perché questi cambiamenti influiranno sulle nostre modalità di relazione, sulla nostra mobilità, pubblica e privata, e sulla nostra vita sociale. Si tratta certamente di problemi comuni a molte altre città europee e mondiali, ma fa bene il direttore a indicarci l’agenda, per non farci trovare impreparati. Le bussole servono a non perdersi nella vastità del mare.