Progettare ora la città futura, prima che la tempesta sociale faccia più danni del virus

Caro sindaco, in questo che probabilmente è il momento più buio della nostra storia recente, in cui troppe persone, famiglie e imprese sentono franare il terreno sotto ai loro piedi, tutti -cittadini, associazioni di rappresentanza degli interessi, politica e istituzioni- sentono il bisogno di stringersi assieme per sostenere chi si trova in difficoltà e per ricostruire assieme il nostro comune futuro.

Anche se siamo ancora in mezzo al guado della pandemia che ci ha colpiti, tutti noi sentiamo il bisogno di immaginare in quale mondo vivremo nei prossimi anni, nella consapevolezza che nulla, per moltissime famiglie e aziende, sarà come prima.

Va certamente lodato l’impegno fino ad oggi profuso negli aiuti, impegno a cui sono chiamati, non solo i volontari che consegnano i buoni o la spesa alle famiglie in difficoltà, ma tutta quella parte della nostra città che, pur nelle difficoltà generali, contribuisce con generosità a dare sollievo a chi, magari nel condominio a fianco, non ce la fa.

Però, dopo più di un mese di paralisi, avvertiamo tutti la necessità di cominciare a ragionare assieme su quale tessuto sociale e produttivo avremo di fronte fra solo qualche settimana. In quale modo potranno essere offerte alternative a chi perderà il lavoro? Verso quale progettualità sarà chiamata la città? Non è solo interrogarsi sulla ‘fase due’, a cui si stanno cimentando governo e regioni, ma di avviarci a gestire dinamiche sociali assolutamente inedite.

E’ probabile che molta progettualità di ieri possa rivelarsi inadeguata rispetto ai problemi di oggi e a quelli di domani. Sono destinate a cambiare le priorità e con esse l’agenda della città. Quello che abbiamo davanti è probabilmente il compito più gravoso a cui sia mai stata chiamata una amministrazione.

Magari fosse sufficiente l’organizzazione di eventi per risollevare un tessuto commerciale che, anche se nessuno vorrebbe essere profeta, considerate le migliaia di persone coinvolte, rischia di essere travolto e stravolto! E’ probabile che molte saracinesche rimarranno abbassate; la ristorazione, e più in generale i pubblici esercizi, almeno fintantoché non sarà scoperto e reso disponibile un vaccino, subiranno contrazioni del loro fatturato e, anche in questo caso, si rischia di perdere attività vive e con essemigliaia di occupati. La stessa nozione di turismo, sia esso culturale o religioso, sarà destinata a cambiare. L’importante crescita del settore alberghiero e dell’accoglienza, che ha caratterizzato la città negli ultimi anni, sarà ancora in grado di reggere? E nel frattempo, fintantoché non si tornerà a muoversi in sicurezza e a volare, cosa succederà di quel settore, che tanta occupazione ha garantito?

E’ l’Italia tutta che ha questo enorme problema da affrontare assieme, senza inutili scorciatoie promozionali locali. Se la gente tornerà in Italia, certamente arriverà anche a Padova, ma questo è un problema purtroppo non di domani mattina, ma di dopodomani.

Lo smart working, che moltissime aziende hanno sperimento in condizioni di cattività da coronavirus, ha reso disponibile anche per il futuro opportunità lavorative sottovalutate fino ad oggi, che cambieranno le politiche del terziario e dell’immobiliare. Laddove prima potevano servire 400 metri quadrati di direzionale, domani probabilmente saranno sufficienti 100 metri. Il domani è destinato a cambiare le politiche immobiliari e del terziario della città e con esse la sua organizzazione.

Problemi giganteschi, almeno per i prossimi mesi, si presenteranno per la mobilità pubblica, con effetti perversi sulla mobilità generale. Il distanziamento sociale renderà complicatissimo l’uso dei mezzi pubblici. Dove fino a ieri un mezzo poteva contenere 100 persone, oggi, rispettando le nuove regole, potrebbe contenerne al massimo 10. E’ tutto il settore dell’intrattenimento, dal calcio ai concerti, compresi i mega raduni in Prato, passando per i cinema e i teatri, che è destinato, ragionevolmente almeno per il prossimo anno, a cambiare.

Anche la congressualità immaginata e coltivata negli ultimi 10 anni dovrà essere ripensata e ricalibrata.

Insomma, siamo chiamati tutti ad uno sforzo di dimensioni inimmaginabili. E non abbiamo molto tempo.

In questo momento così eccezionale, in cui le decisioni che riguardano l’intera comunità sono state ridotte e verticalizzate come mai prima, tutti noi guardiamo alle istituzioni come fari che, pur nelle difficoltà, illuminano la via davanti a noi. Tutti abbiamo bisogno di capire, oltre al messaggio nazionale del “restiamo a casa”, continuamente ricordato da tutti gli attori istituzionali e dai media, in che modo incominciare a immaginare e delineare il nuovo cammino. Quale sarà il contesto sociale in cui vivremo.

E’ necessario mobilitare tutte le energie che la città possiede. Non si abbia paura del confronto e del dibattito, comprese le voci che potranno apparire dissonanti. Il pensiero unico, che ha funzionato in Cina, non è mai stato nel DNA della città. Un grande dibattito sarà generatore di consenso quanto più sarà stimolante e ricco.

Non sarà più sufficiente dire: chiederemo a Roma… Il futuro della nostra città è nelle energie e nelle competenze che sapremo mobilitare.

Per questo, nella consapevolezza che nessuno possieda la bacchetta magica, ma che, allo stesso tempo, nessuno possa farcela da solo, pensiamo che l’amministrazione debba essere chiamata ad avviare questo grande dibattito pubblico. Un cantiere a cui affidare un compito gigantesco, perché ogni minuto è prezioso.

Ivo Rossi

Padova 10 aprile 2020

Chi sono

Sono nato il 18 marzo 1955 a Padova dove vivo con mia moglie Franca. Sono laureato in Scienze Politiche con voto 110 su 110 e lode, con una tesi sugli istituti di democrazia diretta.

Sono dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie dove mi occupo di autonomie speciali e del negoziato per l’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, in materia di autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario. Faccio parte della Commissione Tecnica per i fabbisogni standard di comuni e regioni e della segreteria tecnica della Comitato per la Banda ultra larga. 

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